MimangeRAI (*)
Tra le varie competenze che dovrebbero comporre il quadro della cosiddetta "Vollautonomie", c'è dunque anche quella che consentirà alla Provincia Autonoma di Bolzano di diventare l'editore di riferimento del servizio pubblico radiotelevisivo in Alto Adige. Vanno in questa direzione gli emendamenti presentati dai senatori SVP al cosiddetto Decreto Legge Renzi che modifica la struttura territoriale della Rai, ma soprattutto il disegno di legge di riforma dello statuto di autonomia presentato dai senatori Zeller e Berger e nel quale, non a caso, si prevede la soppressione di quella disposizione, contenuta nell'articolo otto dello statuto stesso, che vieta alla Provincia di Bolzano di impiantare stazioni radiotelevisive
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Vale la pena, forse, di fermarsi a riflettere un attimo sull'opportunità di cancellare una norma che la saggia prudenza di chi scrisse il secondo statuto ha posto, con l'evidente intenzione di evitare che, ai moltissimi poteri ricevuti, l'ente-Provincia possa sommare anche quello di gestore di una piccola Rai provinciale. È pur vero che da allora è passato quasi mezzo secolo, ma l'utilità di quel divieto non si è affievolita. Al contrario. Pochi giorni or sono, il presidente del consiglio Matteo Renzi ha pubblicamente annunciato di voler portare la RAI al di fuori del sistema dei partiti. È un progetto che, nella speranza che alle parole seguano i fatti, trova il consenso quasi unanime delle forze politiche e del mondo giornalistico. Ci si rende conto che ormai l'unica possibilità di garantire un futuro al servizio pubblico radiotelevisivo in Italia è legata alla possibilità di svincolarlo in modo radicale dalle ingerenze dell'esecutivo, ma anche dal soffocante abbraccio del sistema dei partiti.
Ora, non si capisce come mai quello che è ritenuto esecrabile a Roma, divenga miracolosamente auspicabile in quel di Bolzano. Eppure, ogni volta che voci isolate si levano a criticare questi progetti, la reazione immediata è quella di trasformare la discussione nella solita contesa etnica. I giornalisti della redazione Rai di Bolzano in lingua italiana, che da anni portano avanti, tra mille difficoltà, un progetto di informazione trilingue, vengono additati al pubblico ludibrio come i soliti antiautonomisti e minacciati, poco elegantemente, di deportazione a Trento o a Verona.
Si cerca così di evitare la discussione su un aspetto chiave della questione, che di etnico non ha veramente nulla. Nessuno, infatti, si sogna neppure lontanamente di mettere in discussione l'utilità di finanziare con il bilancio locale una sede trilingue del servizio pubblico a Bolzano. È uno strumento importante per agevolare la conoscenza reciproca tra i gruppi, ma anche per proporre legami con altre realtà vicine, dal Trentino al Tirolo, dai Grigioni al Bellunese e al Friuli, nella speranza di poter allentare in qualche modo la morsa dell'asfittico provincialismo che spesso soffoca la realtà altoatesina. Questa struttura però non deve in nessun modo essere sottoposta alla gestione o al controllo del potere politico e dei partiti locali. Non si tratta solo di garantire l'indipendenza dell'informazione (ci mancherebbe altro!) ,ma di dare piena e totale indipendenza, così come si vuol fare per la Rai a livello nazionale, ad una struttura così importante e delicata.
Non solo la norma statutaria che fa divieto alla provincia di farsi editore va quindi mantenuta, ma va rafforzata, togliendo al potere politico quelle competenze che esso ha ricevuto nel corso del tempo, come quella di poter intervenire nella nomina del responsabile dei programmi di lingua tedesca e che oggi sono strumento di chiara ed ingiustificata ingerenza.
Il problema Rai rappresenta poi solo uno degli aspetti di una questione più generale. Negli ultimi anni la Provincia di Bolzano ha moltiplicato i suoi investimenti nel campo della comunicazione. Una proliferazione di stanziamenti avvenuta spesso in modo poco trasparente e senza un quadro complessivo di riferimento. Anche qui occorre essere chiari. Nessuno sottovaluta l'utilità, per l'ente pubblico, di comunicare ciò che fa attraverso la stampa, le emittenti radiotelevisive, i portali Internet, così com'è augurabile che le imprese di questi settori possano accedere a finanziamenti di vario genere per la loro attività. Quello che si chiede, però, è che, data la delicatissima funzione che esse svolgono, gli interventi pubblici siano sottratti in modo assoluto a ogni tipo di discrezionalità da parte dei politici e dei funzionari che li mettono in atto.
Mi si obietterà che non è semplice mettere in atto una simile forma di "sterilizzazione" dell'intervento pubblico, sia per la sede Rai che per il resto del sistema comunicativo. In Alto Adige, rispondo, si sono trovate soluzioni a problemi molto più complessi. Qui si tratta di cancellare dal vocabolario politico provinciale, almeno per tutto ciò che attiene al settore dell'informazione e della comunicazione, quel bruttissimo motto ("chi paga comanda") che il senatore Zeller ha voluto non a caso ricordare nelle sue recenti dichiarazioni. È una battaglia di democrazia e di libertà il cui significato è stato sino ad ora sottovalutato. Adesso, però, occorre che tutti, politici, giornalisti, forze sociali, se ne facciano carico.
(*)Contributo pubblicato sul quotidiano Alto Adige il 29 maggio 2014